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 I capitoli extra di New Moon

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MessaggioTitolo: I capitoli extra di New Moon   I capitoli extra di New Moon Icon_minitimeSab Apr 04, 2009 10:18 pm

ROSALIE’S NEW

Il telefono nella mia tasca vibrò di nuovo. Era la venticinquesima volta in ventiquattro ore. Pensai di aprire il telefono, per lo meno per vedere che stava cercando di contattarmi. Forse era importante. Forse Carlisle aveva bisogno di me.
Lo pensai, ma non mi mossi.
Non ero sicuro di dove fossi di preciso. Un solaio molto oscuro, uno spazio brulicante, pieno di ratti e ragni. I ragni mi ignoravano, e i topi mi giravano alla larga. L’aria era satura del forte odore di olio cucinato, cibo stantio, sudore umano, e dello strato quasi solido di inquinamento che era attualmente visibile nell’aria umida, come una pellicola nera sopra ogni cosa. Sotto a me quattro storie di tenutari di appartamenti in un ghetto traballante e sgangherato. Non mi disturbai a separare i pensieri dalle voci – creavano un grande, un rumoroso schiamazzo spagnolo che io non ascoltavo. Lasciai solamente che i suoni rimbalzassero via da me. Senza significato. Tutto questo era senza significato. La mia stessa esistenza era senza significato.
Il mondo intero era senza significato.
La mia fronte premette contro le mie ginocchia e mi chiedevo per quanto tempo ancora avrei potuto sopportare tutto questo. Forse era inutile. Forse, se il mio tentativo fosse destinato a fallire comunque, avrei smesso di torturare me stesso e sarei semplicemente tornato indietro.
L’idea era così potente, così salutare – come se le parole contenessero un forte anestetico, che lava via la montagna sotto la quale ero sepolto – che mi faceva annaspare, rendendomi confuso.
Potrei partire ora, potrei tornare indietro ora.
Il viso di Bella, spessi dietro le palpebre dei miei occhi, mi sorrideva.
Era un sorriso di benvenuto, di perdono, ma non aveva l’effetto che il mio subconscio probabilmente intendeva che esso avesse.
Naturalmente potevo non tornare indietro. Che cosa (era) la mia angoscia, dopo tutto, in confronto alla sua felicità? Lei dovrebbe essere capace di sorridere, libera dalla paura e dal pericolo. Libera dal desiderio di un futuro senza anima. Lei meritava più di questo. Lei meritava più di me. Quando lei avrebbe lasciato questo mondo, sarebbe andata in un luogo che a me era bandito per sempre, non importa come io mi fossi comportato qui.
L’idea di quella separazione finale era così tanto più intensa dell’angoscia che già avevo. Il mio corpo tremò con essa. Quando Bella sarebbe andata nel posto a cui lei apparteneva e (a cui) io non avrei mai potuto appartenere, anche io non sarei rimasto qui indietro (in questo mondo). Deve esserci oblio. Deve esserci sollievo.
Questa era la mia speranza, ma non c’erano garanzie. Dormire, forse sognare. Ah questo è il guaio. Citai a me stesso. Persino quando sarei divenuto polvere, avrei ancora sentito in qualche modo la tortura della sua perdita?
Tremai di nuovo.
E, dannazione, avevo promesso. Le avevo promesso che non avrei più infestato la sua vita di nuovo, portando i miei demoni in essa. Non avevo intenzione di rimangiarmi la parola. Non avrei potuto fare niente di giusto per lei?
L’idea di ritornare alla nuvolosa piccola città che era stata sempre la mia vera casa su questo pianeta strisciò di nuovo attraverso i miei pensieri.
Solo per controllare. Solo per vedere che lei sta bene, che è salva e felice. Non per interferire. Lei non avrebbe mai saputo che io ero lì…
No. Dannazione, no.
Il telefono vibrò nuovamente.
“Dannazione, dannazione, dannazione,” io grugnii.
Potevo usare la distrazione. Supposi. Aprii il telefono e registrai il numero con il primo shock che avevo sentito da sei mesi.
Perché Rosalie mi stava chiamando? Lei era l’unica persona che probabilmente stava godendo della mia assenza.
Doveva esserci veramente qualcosa che non andava se lei aveva bisogno di parlarmi. Improvvisamente preoccupato per la mia famiglia, pigiai il pulsante di invio.
“Cosa?” chiesi ansiosamente.
“Oh, wow. Edward ha risposto al telefono. Mi sento così onorata.”
Appena sentii il suo tono, seppi che la mia famiglia stava bene. Doveva solo essere annoiata. Era difficile indovinare i motivi senza i suoi pensieri come guida. Rosalie non aveva mai avuto troppo senso per me. I suoi impulsi generalmente si fondavano sul più controverso genere di logica.
Chiusi il telefono.
“Lasciami solo,” sussurrai a nessuno.
Naturalmente il telefono vibrò ancora una volta.
Avrebbe continuato a chiamarmi fino a che avesse passato qualunque messaggio con il quale aveva deciso di annoiarmi? Probabilmente. Ci sarebbero voluti mesi perché lei si stancasse di questo gioco. Giocai con l’idea di lasciarla rifare il numero per i prossimi sei mesi… e poi sospirai e risposi di nuovo al telefono.
“Parla.”
Rosalie si affrettò con le parole. “Pensavo che avresti voluto sapere che Alice è a Forks.”
Aprii i miei occhi e fissai la trave di legno putrido tre pollici dal mio viso.
“Cosa?” La mia voce era piatta, senza emozione.
“Sai com’è Alice – pensa di sapere tutto. Come te.” Rosalie schioccò la lingua senza umorismo. La voce aveva un taglio nervoso, come se fosse improvvisamente insicura di ciò che stava facendo.
Ma la mia collera rendeva difficile preoccuparsi di quale fosse il problema di Rosalie.
Alice mi aveva giurato che avrebbe seguito il mio ordine riguardo Bella, sebbene lei non fosse d’accordo con la mia decisione. Aveva promesso che avrebbe lasciato Bella da sola… fino a che lo avessi fatto io. Chiaramente aveva pensato che io avrei eventualmente ceduto al dolore. Forse su questo aveva ragione.
Ma non l’avevo fatto. Non ancora. Così cosa stava facendo a Forks? Volevo torcere il suo collo magro. Non che Jasper mi avrebbe lasciato arrivare così vicino a lei, una volta che lui avesse colto un soffio della furia che usciva fuori da me…
“Sei ancora lì, Edward?”
Non risposi. Pizzicai il ponte del mio naso con le punte delle dita, chiedendomi se fosse possibile per un vampiro avere un’emicrania.
D’altro canto, se Alice era già tornata…
No. No. No. No.
Avevo fatto una promessa. Bella meritava una vita. Avevo fatto una promessa. Bella meritava una vita.
Ripetevo le parole come un mantra, cercando di pulire la mia testa dalla seducente immagine della finestra scura di Bella, l’entrata per il mio unico santuario.
Senza dubbio mi sarei dovuto umiliare, se fossi tornato. Non mi importava. Potevo felicemente trascorrere i prossimi dieci anni in ginocchio se fossi stato con lei.
No. No. No.
“Edward? Non ti interessa proprio il perché Alice è lì?”
“Non particolarmente.”
La voce di Rosalie diventò piuttosto soddisfatta ora, compiaciuta, senza dubbio, per aver forzato una risposta da me. “Bene, naturalmente, lei non ho rotto esattamente le regole. Voglio dire, tu ci hai solo avvertito di stare lontano da Bella, giusto? Il resto di Forks non importa.”
Sbattei i miei occhi lentamente. Bella se n’era andata? I miei pensieri ruotarono attorno all’idea inaspettata. Lei non era ancora diplomata, così doveva essere tornata da sua madre. Ciò era buono. Lei doveva vivere alla luce del sole. Era buono che fosse stata capace di mettere le ombre dietro di lei.
Cercai di deglutire, e non potei.
Rosalie trillò una risata nervosa. “Così tu non devi essere arrabbiato con Alice.”
“Allora perché mi hai chiamato, Rosalie, se non per mettere Alice nei guai? Perché mi stai infastidendo? Ugh!”
“Aspetta” lei disse, sentendo, giustamente, che ero nuovamente capace di riattaccare. “Non è questo il perché ho chiamato.”
“Allora perché? Dimmelo velocemente e poi lasciami solo.”
“Bene…” lei esitò.
“Sputa il rospo, Rosalie. Hai dieci secondi.”
“Penso che dovresti tornare a casa,” Rosalie disse in fretta. “Sono stanca di Esme che si affligge e di Carlisle che non sorride mai. Dovresti vergognarti per quello che hai fatto a loro. A Emmett manchi tutto il tempo e ciò mi fa saltare i nervi. Hai una famiglia. Cresci e pensa a qualcun altro oltre che a te stesso.”
“Interessante avvertimento, Rosalie. Lascia che ti racconti una piccola storia di una pentola e un pentolino…”
“Io sto pensando a loro, a differenza di te. Non ti importa quanto hai ferito (addolorato) Esme, se non nessun altro? Lei ama te molto più del resto di noi, e tu lo sai. Torna a casa.”
Io non risposi.
“Pensavo che una volta che tutta la faccenda Forks fosse finita, tu l’avresti superato.”
“Forks non è mai stato il problema, Rosalie,” dissi, cercando di essere paziente. Quello che aveva detto su Esme e Carlisle aveva colpito un tasto. “Solo perché Bella” – era difficile dire esplicitamente il suo nome ad alta voce – “si è trasferita in Florida, ciò non significa che sono capace… Guarda, Rosalie. Veramente mi dispiace, ma fidati di me, (ciò) non renderebbe nessuno più felice se io fossi lì.”
“Um…”
Eccola di nuovo, quella esitazione nervosa.
“Cos’è che non mi dici, Rosalie? Esme è tutto a posto? Carlisle è – “
“Loro stanno bene. E’ solo… bene, io non ho detto che Bella si è trasferita.”
Non parlai. Corsi indietro alla nostra conversazione nella mia testa. Si, Rosalie aveva detto che Bella si era trasferita. Lei aveva detto:… tu ci hai solo avvertito di stare lontano da Bella, giusto? Il resto di Forks non importa. E poi: Io pensavo che una volta che tutta la faccenda Forks fosse finita… Così Bella non era a Forks. Che cosa voleva dire, Bella non si è trasferita?
“Allora Rosalie si stava di nuovo affrettando con le parole, dicendole in maniera piuttosto arrabbiata questa volta.
“Loro non volevano dirtelo ma io penso che sia stupido. Più rapidamente ti rassegnerai a ciò e più velocemente le cose potranno tornare alla normalità. Perché lasciarti triste intorno agli angoli più oscuri del mondo quando non ce n’è bisogno? Adesso puoi tornare a casa. Possiamo essere di nuovo una famiglia. E’ finita.”
La mia mente sembrava essersi rotta. Non potevo dare senso alle sue parole. Era come se ci fosse qualcosa di molto, molto ovvio che mi stava dicendo, ma non avevo idea di cosa fosse. Il mio cervello giocò con l’informazione, facendo strane forme di essa. Assurde.
“Edward?”
“Non capisco cosa stai dicendo, Rosalie.”
Una lunga pausa, la lunghezza di alcuni battiti cardiaci umani.
“Lei è morta, Edward.”
Una pausa più lunga.
“Mi… dispiace. Penso, tuttavia, che tu abbia il diritto di sapere. Bella… si è gettata da una scogliera due giorni fa. Alice lo ha visto, ma era troppo tardi per fare qualcosa. Penso che l’avrebbe aiutata, tuttavia, a non mantenere la promessa (suicidarsi) se ce ne fosse stato il tempo. E’ tornata indietro per fare quel che poteva per Charlie. Sai quanto lei si sia sempre preoccupata per lui – “
Il telefono divenne morto. Mi ci vollero un po’ di secondi per realizzare che avevo pigiato il tasto off (l’avevo spento).
Rimasi seduto nell’oscurità polverosa per un lungo, gelido intervallo di tempo. Era come se il tempo fosse finito. Come se l’universo si fosse fermato.
Lentamente, muovendomi come un vecchio uomo, accesi il mio telefono e composi l’unico numero che avevo promesso a me stesso che non avrei più chiamato.
Se era lei, avrei riattaccato. Se era Charlie, avrei ottenuto l’informazione di cui avevo bisogno attraverso un sotterfugio. Avrei provato che il piccolo gioco malato di Rosalie era sbagliato e poi sarei tornato al mio niente.
“Casa Swan,” rispose una voce che non avevo mai sentito prima. La voce rauca di un uomo, profonda, ma ancora giovane.
Non mi fermai a pensare alla implicazioni di ciò.
“E’ il dottor Carlisle Cullen,” dissi imitando perfettamente la voce di mio padre. “Potrei parlare per favore con Charlie?”
“Lui non è qui,” la voce rispose ed io fui debolmente sorpreso dalla rabbia in essa (voce). Le parole erano quasi un ringhio. Ma questo non aveva importanza.
“Dov’è lui allora?” domandai, diventando impaziente.
Ci fu una piccola pausa, come se lo straniero volesse nascondere la verità a me.
“E’ al funerale,” rispose finalmente il ragazzo.
Chiusi il telefono di nuovo.
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