Pensai di nuovo a questo mentre mi conduceva di nuovo nel bagno, spingendomi dentro la cabina dei disabili così che io potessi avere spazio per muovermi. La sentii frugare nelle borse, tenere finalmente in mano un leggero vestito di cotone blu sopra la porta per me. Con gratitudine mi tolsi i jeans troppo stretti, troppo lunghi di Rosalie, tolsi la camicia che cascava su di me in tutti i posti sbagliati , e li volai al di là della porta da sopra verso di lei. Lei mi sorprese spingendomi un paio di soffici sandali di pelle sotto la porta – quando li aveva presi? Il vestito mi stava incredibilmente bene, il costoso taglio evidente nel modo in cui esso scivolava su di me. Mentre lasciavo la cabina notai che lei stava mettendo gli abiti di Rosalie nella pattumiera.
“Tieni le tue scarpe da ginnastica,” disse. Le misi in cima a una delle borse.
Ci indirizzammo indietro verso il garage. Alice ricevette meno sguardi questa volta; lei era così coperta di borse che la sua pelle era scarsamente visibile.
Jasper stava aspettando. Scivolò fuori dalla macchina mentre noi ci avvicinavamo – la bauliera era aperta. Mentre allungava la mano per prendere le mie borse per prime, lanciò ad Alice uno sguardo ironico.
“Sapevo che sarei dovuto andare io” lui mormorò.
“Si” concordò lei “ti avrebbero amato nel bagno delle donne.” Lui non rispose.
Alice frugò velocemente nelle sue borse prime di metterle nel bagagliaio. Passò a Jasper un paio di occhiali da sole, indossandone un paio lei stessa. Mi passò il terzo paio, e la spazzola per capelli. E tirò fuori una lunga camicia senza maniche, sottile, trasparente, nera mettendola sopra la sua t-shirt, lasciandola aperta. Infine aggiunse il cappello di paglia. Su di lei il temporaneo costume sembrava come se appartenesse a Runaway (rivista di moda – sfilata).
Afferrò una manciata in più di vestiti e, arrotolandoli in una palla, aprì la portiera posteriore e fece un cuscino sul sedile.
“Adesso hai bisogno di dormire,” lei ordinò fermamente. Mi acciambellai obbedientemente sul sedile, lasciando (cadere) la mia testa , arrotolandomi dalla mia parte. Ero mezzo addormentata quando la macchina prese vita.
“Non avresti dovuto comprarmi tutte quelle cose,” mormorai.
“Non preoccuparti di questo, Bella. Dormi.” La sua voce era senza riposo.
“Grazie” sussurrai, e scivolai in un difficile sonno.
Era il fastidio del dormire in una posizione impacciata che mi svegliò. Ero ancora esausta, ma improvvisamente impaurita mentre ricordavo dove fossi. Mi tirai su per vedere la Valle del Sole stendersi di fronte a me; l’ampia, piatta distesa di tetti con le tegole, di palme, autostrade, smog e piscine, abbracciata dalle corte, creste rocciose che noi chiamiamo montagne. Fui sorpresa di non sentire alcun senso di sollievo, solo una fastidiosa nostalgia per i piovosi cieli e verdi recinti del posto che significavano Edward per me. Scossi la mia testa cercando di respingere il bordo di disperazione che minacciava di sopraffarmi.
Jasper e Alice stavano parlando; consapevoli, sono sicura, che io ero di nuovo cosciente, ma loro non ne dettero segno. Le loro voci soft, veloci, una bassa, una alta, ondeggiavano musicalmente intorno a me. Ero sicura che stessero discutendo su dove stare.
“Bella,” Alice si rivolse a me in modo casuale, come se io fossi già parte della conversazione, “quale è la strada per l’aeroporto?”
Pensai per un momento, il mio cervello ancora annebbiato dal sonno.
“Voleremo da qualche parte?” domandai.
“No, ma è meglio essere vicini, per ogni evenienza” Lei aprì il suo cellulare e apparentemente chiamò il centro informazioni. Parlò più lentamente del solito, chiedendo di un hotel vicino all’aeroporto, mostrandosi d’accordo a un suggerimento, poi facendo una pausa mentre era connessa. Fece una prenotazione per una settimana sotto il nome di Christian Bower, dettando il numero di una carta di credito senza guardarne nessuna. La sentivo ripetere le indicazioni di nuovo per l’operatore; sono sicura che lei non aveva bisogno di aiuto con la sua memoria.
La visione del telefono mi fece ricordare le mie responsabilità.
“Alice,” dissi mentre lei finiva “Ho bisogno di chiamare mio padre.” La mia voce era più sobria. Lei mi passò il telefono.
Era tardi pomeriggio; speravo fosse al lavoro. Ma lui rispose al primo squillo. Mi feci piccola, disegnando il suo viso ansioso al telefono.
“Papà?” dissi esitante.
“Bella! Dove sei, dolcezza?” un profondo sollievo riempì la sua voce.
“Sono per strada.” Non c’era bisogno di dirgli che mi ero fatta un viaggio di tre giorni in una notte.
“Bella, tu devi tornare.”
“Ho bisogno di andare a casa.”
“Dolcezza, parliamone. Non devi partire solo a causa di qualche ragazzo.” Era molto attento, potevo dire.
“Papà, dammi una settimana. Ho bisogno di pensare a delle cose, e poi deciderò se tornare. Questo non ha niente a che fare con te, okay?” La mia voce tremava leggermente, “Ti voglio bene, papà. Qualunque cosa io decida, ci rivedremo presto, promesso.”
“Okay, Bella.” La sua voce era rassegnata. “Chiamami quando arrivi a Phoenix.”
“Ti chiamerò da casa, Papà. Ciao.”
“Ciao, Bells.” Esitò prima di attaccare.
Per lo meno ero di nuovo in buoni rapporti con Charlie. Pensai mentre ripassavo il telefono ad Alice. Lei mi stava guardando attentamente, aspettando forse un’altra esplosione emotiva. Ma ero troppo stanca.
La familiare città passò oltre il mio finestrino oscuro. Il traffico era calmo. Percorremmo la nostra strada velocemente attraverso la periferia e poi curvammo intorno al lato nord dello Sky Harbor International, girando a sud nel Tempe. Appena dall’altra parte dell’asciutto letto del fiume Salt, un miglio o circa dall’aeroporto, Jasper esitò all’indicazione di Alice. Lei lo diresse con facilità attraverso le strade in superficie fino all’entrata dell’Hilton dell’aeroporto.
Io avevo pensato al Motel 6, ma ero sicura che loro non si sarebbero preoccupati dei soldi. Sembravano averne una riserva senza fine.