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 I capitoli extra di Twilight

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Oo_New_Moon_oO

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MessaggioTitolo: I capitoli extra di Twilight   I capitoli extra di Twilight Icon_minitimeSab Apr 04, 2009 9:46 pm

non ne sapevo nulla o.o!!
ho letto che sono stati scritti la meyer quando non aveva ancora formato bene il personaggio di rosalie, infatti dicono che è un pò diversa!ma io non li ho ancora letti....

TWILIGHT OUTTAKES

(Note: Questa scena è stata ritagliata dal capitolo 11 ‘Complicazioni’. Mi ossessionava rimuoverla ma non riuscivo a capire quale fosse il perché, così l’ho lasciata andare. Quando era troppo tardi per tornare indietro, finalmente realizzai cosa mi turbava. Sebbene io mi riferisca alla goffaggine di Bella in ginnastica parecchie volte, non l’ho mai veramente mostrata in azione. Questa era l’unica volta che Edward stava ‘guardando’, e così il naturale posto per mettere in mostra questa goffaggine. Ha ha – e adesso la mia spiegazione è quasi più lunga dell’outtake!!)

BADMINTON

Entrai a ginnastica, con la testa leggera, esitante. Mi spostai lentamente verso lo spogliatoio cambiandomi in uno stato di trance, solo vagamente consapevole che ci fossero altre persone che mi circondavano. La realtà non si instaurò completamente fino a che non mi fu consegnata una racchetta. Non era pesante, si sentiva già molto insicura nella mia mano. Potevo vedere alcuni degli altri ragazzi nella classe guardarmi furtivamente. Il professor Clapp ci ordinò di dividerci in squadre a coppie.
Pietosamente, alcune tracce della cavalleria di Mike erano ancora sopravvissute; lui venne a trovarsi accanto a me.
“Vuoi essere una squadra?” chiese allegramente.
“Grazie, Mike – non sei obbligato a farlo, lo sai.” Storsi la bocca.
“Non preoccuparti, mi terrò fuori dalla tua portata,” sogghignò. Qualche volta era così facile voler bene a Mike.
Non andò liscio. Cercai di stare a debita distanza da Mike così che lui potesse tenere l’uccellino in gioco, ma venne il professor Clapp e gli ordinò di rimanere nella sua parte del campo così io potevo partecipare. Lui rimase, guardando, per far valere le sue parole.
Con un sospiro, entrai dentro un posto più centrale nel campo, tenendo la mia racchetta diritta, anche se con circospezione. La ragazza nell’altra squadra sghignazzò maliziosamente mentre serviva l’uccellino – dovevo averla ferita durante la lezione di basket – lanciandolo appena a pochi piedi dietro la rete, direttamente verso di me. Scattai in avanti in modo sgraziato, mirando la mia battuta in direzione del piccolo animale di gomma, ma dimenticai di mettere in conto la rete. La mia racchetta tornò di rimbalzo dalla rete con sorprendente forza, schizzando fuori dalla mia mano e rimbalzando sulla mia fronte prima di bastonare Mike sulla spalla mentre lui sfrecciava per prendere l’uccellino che io avevo completamente mancato.
Il professor Clapp tossì, o coprì una risata.
“Mi dispiace Newton,” borbottò, camminando via lentamente così noi potevamo tornare alle nostre precedenti posizioni, meno pericolose.
“Stai bene?” chiese Mike, massaggiando la sua spalla, così come io stavo strofinando la mia fronte.
“Si, e tu?” domandai umilmente, recuperando la mia arma.
“Penso che lo sarò.” Lui ruotò il suo braccio in un cerchio, assicurandosi di avere ancora tutta la gamma dei movimenti.
“Starò appena qui dietro.” Camminai verso l’angolo inferiore del campo, tenendo la mia racchetta cautamente dietro la mia schiena.


TWILIGHT OUTTAKES


(Note: Riconoscerai pezzi di questo capitolo – piccoli pezzi sono sopravvissuti e sono stati combinati con quello che è ora il capitolo 20 “Inquietudine”. Questo capitolo rallentava il passo alla parte della storia “caccia”, ma sento come se avessi tagliato molto della personalità di Alice quando l’ho sacrificato.)

SHOPPING WITH ALICE

La macchina era sinuosa, nera e potente; i suoi finestrini erano tinti di un nero sfumato. Il motore faceva le fusa come un grande gatto mentre noi sfrecciavamo attraverso la notte profonda.
Jasper guidava con una sola mano, sembrava in modo distratto, ma la muscolosa macchina volva con precisione perfetta.
Alice sedeva con me sul sedile posteriore di pelle nera. In qualche modo durante la lunga notte, la mia testa era finita contro il suo collo marmoreo, le sue braccia fredde mi abbracciavano, la sua guancia era premuta contro la parte superiore della mia testa. La parte davanti della sottile camicia era fredda, bagnata con le mie lacrime. Di tanto in tanto se il mio respiro diventava irregolare, lei mormorava dolcemente; nella sua veloce, alta voce, gli incoraggiamenti suonavano come un canto. Per mantenermi calma, io mi focalizzai sul tocco della sua fredda pelle; mi dava la sensazione di un contatto fisico ad Edward.
Entrambi mi avevano assicurato – quando realizzai, in preda al panico, che tutte le mie cose erano ancora nel furgone – che lasciarle indietro era necessario, qualcosa a che fare con l’odore. Mi dissero di non preoccuparmi di vestiti o denaro. Cercai di fidarmi di loro, facendo uno sforzo per ignorare quanto stessi scomoda negli abiti di Rosalie che non erano della mia taglia. Era una cosa stupida di cui preoccuparsi.
Sulle autostrade lisce, Jasper non aveva mai guidato la robusta macchina a meno di 120 miglia all’ora. Sembrava completamente inconsapevole dei limiti di velocità, ma non incontrammo mai una macchina della polizia. L’unica diversità nella monotonia della guida furono le due fermate che facemmo per il carburante. Notai pigramente che Jasper andò dentro per pagare alla cassa entrambe le volte.
L’alba cominciò a sorgere quando eravamo da qualche parte nel nord della California. Guardavo con occhi asciutti, dolenti mentre la luce grigia si faceva si faceva strada attraverso il cielo senza nuvole. Io ero esausta, ma il sonno non mi aveva toccato, la mia mente (era) troppo piena di immagini disturbanti per rilassarsi in uno stato di incoscienza. L’espressione rotta di Charlie – il brutale ghigno di Edward, a denti scoperti – lo sguardo con occhi spalancati del segugio – l’espressione desolata di Laurent – l’aspetto morto negli occhi di Edward dopo che mi aveva baciato l’ultima volta; come immobili diapositive esse lampeggiavano davanti, alternando i miei sentimenti tra il terrore e la disperazione.
A Sacramento, Alice volle che Jasper si fermasse per prendere del cibo per me. Ma io scossi la mia testa stancamente, e gli indicai di continuare a guidare con una voce vuota.
Alcune ore più tardi, in un sobborgo fuori L.A., Alice gli parlò nuovamente a voce bassa, e lui uscì dall’autostrada al suono delle mie deboli proteste. Un grande supermercato era visibile dall’autostrada, e lui si fece strada fino a lì, entrando nel garage nel livello sottoterra per parcheggiare.
“Stai con la macchina,” lei istruì Jasper.
“Sei sicura?” sembrava apprensivo.
“Non vedo nessuno qui” disse lei. Lui annuì, acconsentendo.
Alice prese la mia mano e mi spinse fuori dall’auto. Tenne stretta la mia mano tenendomi accanto a lei mentre uscivamo dall’oscuro garage. Lei si tenne lungo il bordo del garage, tenendosi nell’ombra. Notai come la sua pelle sembrava brillare nella luce solare che rifletteva dal marciapiede. Il supermercato era affollato, passarono molti gruppi di compratori, alcuni di loro girarono le loro teste per guardarci (passare).
Camminammo sotto un ponte che collegava il livello superiore del parcheggio al parcheggio al secondo piano del supermercato, sempre tenendoci fuori dalla luce diretta del sole.
Una volta dentro, sotto le luci fluorescenti del negozio, Alice sembrava meno notevole (che si notava) – semplicemente una ragazza pallida come il gesso all’erta, ma con occhi con profonde occhiaie e capelli neri ritti. I cerchi sotto i miei occhi,ero sicura, erano più evidenti dei sui. Noi ancora catturavamo l’attenzione di qualcuno che guardava nella nostra direzione. Mi chiedevo cosa pensavano di vedere.
La delicata, danzante Alice, con il suo viso d’angelo che colpiva, era vestita con un sottile, pallido tessuto che non diminuiva del tutto il suo pallore, tenendomi per mano, ovviamente guidandomi, mentre io camminavo stancamente nei miei vestiti poco adatti, i miei capelli mosci contorti in nodi giù per la mia schiena.
Alice mi condusse direttamente al reparto cibo.
“Cosa vuoi da mangiare?”
L’odore dell’unto fast food mi fece torcere lo stomaco. Ma gli occhi di Alice non si fecero persuadere. Chiesi senza entusiasmo un sandwich.
“Posso andare al bagno?” domandai mentre ci dirigevamo verso la fila.
“Okay,” cambiò direzione, senza lasciare mai la mia mano.
“Posso andare da sola.” L’atmosfera quotidiana del generico supermercato mi fece sentire la più normale (atmosfera) dal nostro gioco disastroso dell’ultima notte.
“Mi dispiace, Bella, ma Edward leggerà la mia mente quando verrà qui, e se vedrà che ti ho lasciato fuori dalla mia vista per un minuto…” lei abbassò la voce non desiderosa di vedere le atroci conseguenze.
Per lo meno aspettò fuori la cabina nel bagno affollato. Mi lavai il viso oltre che le mani, ignorando lo sguardo stupito delle donne intorno a me. Cercai di pettinarmi i capelli con le dita, ma velocemente smisi. Alice prese nuovamente la mia mano alla porta, e noi ritornammo lentamente verso la fila al cibo. Mi stavo trascinando, ma lei non sembrava impaziente con me.
Mi guardava mangiare, lentamente all’inizio e poi più veloce mentre il mio appetito ritornava. Bevvi la soda che mi aveva comprato così velocemente che lei mi lasciò per un momento – senza togliermi gli occhi di dosso, comunque – per prenderne un’altra.
“E’ definitivamente più conveniente, il cibo che mangi tu,” lei commentò mentre finivo, “Ma non sembra molto divertente”
“Cacciare è più eccitante, immagino”
“Non ne hai idea.” Lei mostrò una fila di denti luccicanti, e le teste di molte persone si voltarono nella nostra direzione.
Dopo aver buttato via i nostri rifiuti, lei mi condusse lungo gli ampi corridoi del supermercato, i suoi occhi che si illuminavano di tanto in tanto su qualcosa che lei voleva, tirandomi con lei ad ogni fermata. Si fermò per un momento ad una boutique cara per comprare tre paia di occhiali da sole, due da donna e uno da uomo. Notai che il commesso la guardò con una nuova espressione quando gli consegnò una carta di credito chiara non familiare (che non conoscevo) con linee dorate che l’attraversavano. Trovò un negozio di accessori dove prese una spazzola per capelli e nastri di gomma.
Ma lei non cominciò veramente a fare acquisti fino a quando non mi trascinò in quel tipo di negozio che non frequentavo mai, perché il prezzo per un paio di calze sarebbe stato fuori dalla mia portata.
“Sei circa una taglia 2.” Era un’affermazione, non una domanda.
Lei mi usò come un mulo da pacchi, caricandomi con un impressionante ammontare di vestiti. Di tanto in tanto la vedevo prendere una tagli extra-small mentre cercava qualcosa per sé. Gli abiti che lei sceglieva per se stessa erano tutti di materiale leggero, ma con maniche lunghe o lunghi fino a terra, disegnati per coprire il più possibile la sua pelle. Un cappello di paglia, nero, a tesa larga incoronava la montagna di vestiti.
La commessa ebbe una reazione simile alla inusuale carta di credito, diventando più servile, e chiamando Alice ‘miss’. Il nome che lei disse non era familiare, comunque. Una volta che noi eravamo di nuovo fuori nel supermercato, le nostre braccia cariche di borse, delle quali lei portava la parte del leone (quella più pesante) io glielo chiesi.
“Come ti ha chiamato?”
“La carta di credito dice Rachel Lee. Staremo molto attenti a non lasciare alcun genere di traccia per il segugio. Andiamo a farti cambiare.
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