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 Capitolo extra Twilight

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Oo_New_Moon_oO

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MessaggioTitolo: Capitolo extra Twilight   Capitolo extra Twilight Icon_minitimeSab Apr 04, 2009 9:56 pm

TWILIGHT OUTTAKES


(Note: Questa sezione è un’auto-gratificazione nel suo peggiore. Io stavo semplicemente esplodendo con tutti i nastri e fiocchi rosa da ragazza e con le cose del ballo. Entra a tuo rischio.)

EXTENDED PROM REMIX

“Quando hai intenzione di dirmi cosa sta succedendo, Alice?”
“Lo vedrai, sii paziente,” ordinò grignando in modo ambiguo.
Eravamo sul mio furgone ma stava guidando lei. Ancora tre settimane e sarei stata liberata dal gesso, e poi avevo l’intenzione di mettere molto fermamente il mio piede buono sopra l’affare dello chauffeur. Mi piaceva guidare.
Era tardo maggio, e in qualche modo la terra attorno a Forks stava trovando il modo di essere più verde del solito. Era bello, naturalmente, e mi stavo in qualche modo riconciliando con il bosco, soprattutto per il fatto che trascorrevo là più tempo del solito. Non eravamo ancora del tutto amici, ma stavamo avvicinandoci.
Il cielo era grigio, ma anche questo era il benvenuto. Era un grigio perlaceo, niente affatto torvo, non stava piovendo, e (era) abbastanza caldo per me. Le nuvole erano spesse e sicure, il genere di nuvole che erano diventate piacevoli per me, a causa della libertà che garantivano.
Ma nonostante questi piacevoli contorni, mi sentivo irascibile. In parte a causa dello strano comportamento di Alice. Lei aveva assolutamente insistito per un giorno da ragazze fuori questo sabato mattina, portandomi a Port Angeles per farci fare manicures e pedicures, rifiutando di lasciarmi avere la tonalità più modesta di rosa (smalto) che io volevo, ordinando invece al manicurist di pitturarmi con un rosso scuro scintillante – spingendosi tanto da insistere che mi facessi mettere lo smalto sulle unghie del mio piede ingessato.
Poi mi portò a fare shopping di scarpe, sebbene potessi provare solo metà di ogni paio. Contro le mie strenue proteste mi comprò un paio dei più impratici, costosissimi tacchi a spillo – cose pericolose da guardarsi, tenuti su solamente da sottili nastri di raso che si incrociavano sopra il mio piede e si legavano in un ampio fiocco dietro la mia caviglia. (Le scarpe) Erano di un profondo blu giacinto, e invano cercai di spiegarle che non avevo niente con cui potessi indossarle. Sebbene il mio armadio fosse pieno in maniera imbarazzante dei vestiti che lei mi aveva comprato a L.A. – molti dei quali ancora troppo leggeri da indossare di già a Forks – ero sicura che non avevo niente di quel colore. E anche se avessi avuto qualcosa di quella esatta tonalità nascosto nell’armadio, i miei vestiti non erano veramente adatti ai tacchi a spillo. Io non ero adatta ai tacchi a spillo – riuscivo a mala pena a camminare in maniera sicura con i calzini. Ma la mia inattaccabile logica era sprecata con lei. Nemmeno rispondeva.
“Bene, non sono di Biviano, ma faranno il loro lavoro,” mormorò senza espressione, e poi non aveva più parlato mentre sguinzagliava la sua carta di credito ai commessi stupiti.
Mi passò il pranzo a un fast food drive attraverso il finestrino, dicendomi che dovevo mangiare in macchina, ma rifiutandosi di spiegare la fretta. Inoltre per la strada verso casa dovetti ricordarle diverse volte che il mio furgone non era semplicemente capace di funzionare come una macchina sportiva, anche con le modifiche di Rosalie, e pregarla di dare una pausa alla povera cosa. Generalmente, Alice era la mia chauffeur preferita. Lei non sembrava annoiata di guidare a solo venti o trenta miglia oltre il limite di velocità, il modo in cui molte persone non riuscivano proprio a fare.
Ma l’agenda ovviamente segreta di Alice era solo la metà del problema, naturalmente. Ero anche pateticamente ansiosa perché non avevo visto il viso di Edward da almeno sei ore e questo doveva essere un record per gli ultimi due mesi.
Charlie era stato difficile, ma non così impossibile. Si era riconciliato con la costante presenza di Edward quando ritornava a casa, (non) trovando nulla di cui lamentarsi sul fatto che noi sedevamo sopra i nostri compiti al tavolo in cucina – lui sembrava persino godere della compagnia di Edward mentre loro gridavano insieme alle partite su ESPN. Ma non aveva perso nulla della sua originale rigidezza quando ogni sera precisamente alle dieci in punto teneva risolutamente la porta per Edward.
Naturalmente, Charlie era del tutto ignaro dell’abilità di Edward di riportare la sua macchina a casa e di tornare attraverso la mia finestra in meno di dieci minuti. Lui era molto più carino con Alice, spesso in modo imbarazzante. Ovviamente, fino a che il mio gesso non fu rimosso da qualcosa di più maneggevole, avevo bisogno di un aiuto femminile. Alice era un angelo, una sorella; ogni sera e ogni mattina lei appariva per aiutarmi con le mie routines quotidiane. Charlie era molto enormemente grato di essere sollevato dall’errore di una figlia quasi adulta che aveva bisogno di aiuto per fare la doccia – quel genere di cose che era molto più in là del suo livello di conforto, e anche il mio, per quella cosa.
Ma era con molto più della gratitudine che Charlie prese a chiamarla “Angelo” come soprannome, e la guardava con occhi confusi mentre danzava sorridente attraverso la piccola casa, illuminandola. Nessun umano poteva non essere affascinato dalla sua sorprendente bellezza e grazia, e quando lei scivolava attraverso la porta ogni sera con un affezionato, “Ci vediamo domani, Charlie,” lei lo lasciava attonito.
“Alice, stiamo andando a casa adesso?” chiesi ora, capendo entrambe che intendevo la casa bianca sul fiume.
“Si.” Grignò, conoscendomi bene “Ma Edward non è lì.” Mi corrugai. “Dov’è lui?”
“Aveva qualche commissione da fare.”
“Commissione?” ripetei monotonamente. “Alice,” il mio tono divenne adulante, “per favore dimmi cosa sta succedendo.”
Lei scosse la sua testa, grignando ancora rigidamente. “Mi sto divertendo troppo,” spiegò.
Quando arrivammo a casa, Alice mi portò direttamente su per le scale, verso il suo bagno dalle dimensioni di una camera da letto. Fui sorpresa di trovare lì Rosalie, che aspettava con sorriso celestiale, stando in piedi dietro una bassa sedia rosa. Un impressionante schieramento di strumenti e prodotti copriva il lungo bancone.
“Siediti,” Alice comandò. La considerai attentamente per un minuto, e poi, vedendo che lei si stava preparando ad usare la forza se necessario mi abbassai sulla sedia e mi sedetti con quanta più dignità fossi capace. Rosalie cominciò immediatamente a spazzolare i miei capelli.
“Non credo che mi dirai a cosa serve tutto questo?” le chiesi.
“Puoi torturarmi,” mormorò, assorta con i miei capelli, “Ma non parlerò mai.”
Rosalie mise la mia testa nel lavandino mentre Alice massaggiava i miei capelli con uno shampoo che profumava di menta e pompelmo. Alice mi asciugò furiosamente le ciocche bagnate, poi spruzzò quasi un’intera bottiglia di qualcosa – questa odorava di cetrioli – sulle masse umide e mi asciugò di nuovo.
Poi pettinarono la massa velocemente; qualunque cosa fosse quella al cetriolo, mi rese docili le ciocche. Avrei potuto volerne prendere un po’ in prestito. Poi entrambe presero un phon e si misero al lavoro.
Mentre i minuti passavano, e loro continuavano a scoprire nuove parti di ciocche bagnate, i loro visi cominciarono a diventare un po’ preoccupati. Sorrisi allegramente.
Alcune cose persino i vampiri non potevano velocizzare.
“Lei ha un’orribile massa di capelli,” Rosalie commentò in una voce ansiosa.
“Jasper!” chiamò Alice chiaramente, sebbene non a voce alta, “Trovami un altro phon!”
Jasper venne in loro soccorso, salendo in qualche modo con due phon in più, che mi puntò alla testa, profondamente divertito, mentre (loro) continuavano il loro lavoro con i propri (phon).
“Jasper…” cominciai piena di speranza.
“Mi dispiace, Bella. Non mi è permesso dire nulla.”
Scappò con gratitudine, quando infine fu tutto asciutto – e soffice. I miei capelli erano ritti tre pollici sulla mia testa.
“Che cosa mi avete fatto?” chiesi con orrore. Ma loro mi ignorarono, tirando fuori una scatola di bigodini caldi.
Cercai di convincerle che i miei capelli non si arricciavano, ma loro mi ignorarono, spalmando qualcosa che era di un colore giallo malaticcio attraverso ogni ciocca prima di avvolgerla attorno ad un caldo bigodino.
“Avete trovato le scarpe?” domandò Rosalie con intensità mentre lavoravano, come se la risposta fosse di vitale importanza.
“Si – sono perfette,” miagolò Alice con soddisfazione.
Guardai Rosalie nello specchio, che annuiva come se un grande peso fosse stato tolto dalla sua mente.
“I tuoi capelli sembrano belli,” notai. Non che non fossero sempre ideali – ma li aveva fatti questo pomeriggio, creando una corona di soffici ricci dorati in cima alla sua testa perfetta.
“Grazie.” Lei sorrise. Adesso avevano cominciato il secondo set di bigodini.
“Cosa ne pensi a proposito del make-up?” chiese Alice.
“E’ orribile,” dissi. Loro mi ignorarono.
“Non ne ha molto bisogno – la sua pelle è meglio nuda,” disse Rosalie”Rossetto, comunque,” decise Alice.
“E mascara ed eyeliner,” aggiunse Rosalie, “solo un po’.”
Sospirai a voce alta. Alice rise. “Sii paziente, Bella. Ci stiamo divertendo.”
“Bene, finchè vi divertite voi,” borbottai.
Adesso loro avevano fissato tutti i bigodini con i becchi fermamente e in modo scomodo sulla mia testa.
“Vestiamola.” La voce di Alice si riempì di anticipazione. Lei non aspettò che zoppicassi da sola fuori dal bagno. Invece mi battè sul tempo e mi portò nella grande camera bianca di Rosalie ed Emmett. Sul letto, c’era un vestito. Blu giacinto, naturalmente.
“Cosa ne pensi?” cinguettò Alice.
Era una buona domanda. Era increspato in modo soffice, apparentemente designato per essere indossato molto basso e sotto le spalle, con lunghe maniche drappeggianti che si riunivano ai polsi. Il vero e proprio corpetto era cinto da un’altra stoffa color giacinto con pallidi fiori, che si pieghettavano insieme per formare una sottile gala giù nel lato sinistro. Il materiale floreale era lungo sulla schiena, ma aperto sul davanti sopra diversi strati aderenti di soffici gale color giacinto, con sfumature più chiare man mano che arrivavano al bordo del sedere.
“Alice,” gemetti. “Non posso indossarlo!”
“Perché?” domandò in una voce dura.
“Il top è completamente trasparente!”
“Questo và sotto,” Rosalie aveva in mano un indumento azzurro dall’aspetto inquietante.
“Che cos’è quello?” chiesi terrorizzata.
“E’ un corsetto, sciocca,” disse Alice, impaziente. “Adesso tu lo indosserai, oppure devo chiamare Jasper e chiedergli di bloccarti mentre (te) lo faccio (mettere) io?” minacciò.
“Si suppone che tu sia mia amica,” accusai.
“Sii gentile Bella,” lei sospirò, “Non ricordo quando ero umana e sto cercando di avere un po’ di divertimento vicario. Inoltre è per il tuo bene.”
Mi lamentai ed arrossii molto, ma non ci misero molto a farmi entrare nel vestito. Dovevo ammetterlo, il corsetto aveva i suoi vantaggi.
“Wow,” respirai, guardando verso in basso. “Ho un bel decoltè.”
“Chi l’avrebbe pensato,” scherzò Alice, deliziata dal suo lavoro. Io, comunque non le avevo completamente creduto.
“non pensi che questo vestito sia un po’ troppo… non so, avanti… per Forks?” chiesi esitante.
“Penso che la parola che stai cercando sia alta moda,” Rosalie rise.
“Non è per Forks, è per Edward,” insistette Alice. “E’ proprio quello che ci vuole.
Poi mi portarono di nuovo nel bagno, sfacendo i bigodini con agili dita. Con mio shock, precipitarono cascate di ricci. Rosalie manovrò molte di esse in su, girandoli attentamente in una criniera equina di riccioli che fluttuavano in una pesante linea lungo la mia schiena. Mentre lei lavorava, Alice disegnò velocemente una sottile striscia nera intorno a ciascun occhio, passò il mascara, e applicò attentamente il rossetto rosso scuro sulle mie labbra. Poi sfrecciò fuori dalla stanza e ritornò velocemente con le scarpe.
“Perfette,” Rosalie respirò mentre Alice le teneva su per essere ammirate.
Alice legò la scarpa pericolosamente mortale in maniera esperta, e poi guardò il mio aspetto con speculazione nei suoi occhi.
“Penso che abbiamo fatto quello che potevamo,” scosse la sua testa tristemente. “Non pensi che Carlisle ci lascerebbe…?” guardò Rosalie.
“Ne dubito,” replicò Rosalie seccamente. Alice sospirò. Poi entrambe sollevarono le loro teste.
“Lui è tornato.” Sapevo cosa intendessero con ‘lui’, e sentii vigorose farfalle nello stomaco.
“Lui può aspettare. C’è una cosa più importante,” Alice disse fermamente. Mi sollevò di nuovo – una necessità, ero sicura di non poter camminare in quella scarpa – e mi portò nella sua stanza, dove mi depositò in piedi gentilmente di fronte al suo grande specchio, ad altezza d’uomo, bordato d’oro.
“Lì,” disse. “Vedi?”
Fissavo la straniera nello specchio. Lei sembrava molto alta nella scarpa alta, con la lunga linea flessuosa del vestito aderente che aumentava l’illusione. Il corpetto scollato – dove la sua inusuale, impressionante linea del busto catturò di nuovo i miei occhi – faceva sì che il collo sembrasse molto lungo, così come (faceva) la lunga colonna di ricci splendenti giù per la sua schiena. Il color giacinto del suo vestito era perfetto, esaltando la cremosità della sua pelle d’avorio, e il rosa del blush on sulle sue guance. Lei era molto carina. Dovevo ammetterlo.
“Okay, Alice.” Sorrisi. “Vedo.”
“Non dimenticarlo,” ordinò.
Mi sollevò di nuovo, e mi portò in cima alle scale.
“Girati e chiudi gli occhi!” ordinò in basso alle scale. “E stai fuori dalla mia testa – non rovinare tutto.”
Lei esitò, camminando più lentamente del solito giù per le scale finchè potè vedere che lui aveva obbedito. Poi lei volò il resto della strada (scale).
Edward era in piedi accanto alla porta, la sua schiena verso di noi, molto alto e scuro – non l’avevo mai visto prima vestito di nero. Alice mi mise in piedi, allisciando il drappeggio del mio vestito, rimettendo un ricciolo a posto, e poi mi lasciò lì, andando a sedersi sul panchetto del pianoforte per guardare. Rosalie la seguì per sedersi con lei nel pubblico.
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