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 La storia dietro Twilight

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Oo_New_Moon_oO

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MessaggioTitolo: La storia dietro Twilight   La storia dietro Twilight Icon_minitimeSab Apr 04, 2009 10:07 pm

Ho avuto tonnellate di domande su come io sia arrivata a scrivere la storia di Twilight, e come sono riuscita a vederlo pubblicato. Probabilmente sto uccidendo la mia sezione FAQ, scrivendo questo, ma ecco a voi l'intera storia:

La scrittura: conosco il giorno esatto in cui ho iniziato a scrivere Twilight, perché è stato anche il primo giorno delle lezioni di nuoto per i miei bambini. Quindi, posso dire con certezza che era il 2 giugno del 2003. Fino a quel momento, non avevo scritto altro che pochi capitoli (di altre storie), che non avevo portato molto avanti, e addirittura nulla fino alla nascita del mio primo figlio, sei anni prima.
Mi alzai dal letto (la mattina di quel 2 giugno) dopo aver fatto un sogno vividissimo. Nel mio sogno, due persone stavano avendo una conversazione molto intensa, in una radura tra gli alberi. Una di queste persone, era una ragazza più o meno della vostra età, un'adolescente. L'altra persona era incredibilmente bella, luccicante...ed era un vampiro. Stavano discutendo delle difficoltà inerenti al fatto che A) erano innamorati l'uno dell'altro mentre B) il vampiro era particolarmente attratto dal profumo del suo sangue, e stava soffrendo moltissimo nel tentativo di trattenersi dall'ucciderla immediatamente. Dato che è essenzialmente una descrizione di questo mio sogno, andate a leggere il capitolo 13 (Confessioni) del libro.
Anche se avevo un milione di cose da fare (ad esempio preparare la colazione per bambini affamati, vestire e cambiare i pannolini dei suddetti bambini, trovare i costumi da bagno che nessuno rimette mai al posto giusto...), rimanevo nel letto, pensando al sogno. Ero così intrigata dalla storia di quella coppia senza nome che odiai l'idea di dimenticarla; era il tipo di sogno che ti fa venir voglia di chiamare la tua amica ed annoiarla con una descrizione particolareggiata (inoltre, il vampiro era così maledettamente bello che non volevo assolutamente perderne l'immagine mentale).
Malvolentieri, mi dovetti alzare, e risolvere le necessità più immediate, e rimandai tutto quello che potevo per sedermi davanti al computer a scrivere – qualcosa che non avevo fatto da così tanto tempo che mi domandavo perché ero preoccupata. Ma non volevo perdere il sogno, così battei al computer tutto quello che potevo ricordare, chiamando i personaggi “lui” e “lei”.
Da quel punto in poi, non passò un giorno senza che io scrivessi qualcosa. Nei giorni cattivi, battevo al massimo una pagina o due; in quelli buoni, finivo un capitolo e anche qualcosa in più. Prevalentemente scrivevo di notte, dopo che i bambini si erano addormentati e io mi potevo concentrare per più di cinque minuti senza essere interrotta. Cominciai dalla scena nella radura, e scrissi fino alla fine. Poi, tornai all'inizio, fino ad arrivare al punto di incontro tra le due parti. Era fine agosto, tre mesi dopo.
Mi ci volle un po' per trovare i nomi del duo anonimo. Per il mio vampiro (del quale mi ero innamorata fin dal primo giorno) decisi di usare un nome che una volta era considerato romantico, ma che era caduto in disuso da decenni. Il Mr. Rochester di Charlotte Bronte e il Mr. Ferrars di Jane Austen erano entrambi personaggi che mi riportavano al nome Edward. L'ho provato per un po', e ho trovato che gli calzava bene. La mia protagonista femminile era più difficile. Nessuno dei nomi che trovavo sembrava essere quello giusto. Dopo averci speso così tanto tempo insieme, l'amavo come una figlia, e nessun nome era bello abbastanza. Alla fine, ispirata da quell'amore, le detti il nome che avevo in serbo per mia figlia, che non si era mai mostrata e che, a quel punto, non sarebbe arrivata: Isabella.
Evvai! Edward e Bella erano stati “battezzati”. Per gli altri personaggi, feci un sacco di ricerche nei vecchi archivi del censo, cercando nomi popolari per i periodi in cui essi erano nati.
Alcune scelte secondarie: Rosalie originariamente era “Carol” e Jasper era “Ronald”. I nomi nuovi mi piacciono molto di più, ma a volte mi capitava accidentalmente di battere Carol o Ronald. Questo confondeva parecchio quelli che leggevano le mie bozze!
Per la mia ambientazione, sapevo di avere bisogno di un posto ridicolamente piovoso. Girai per Google, come faccio per tutte le mie necessità di ricerca, e cercai per il posto con la maggior concentrazione di piogge negli Stati Uniti. Questo mi portò alla penisola di Olympia, nello Stato di Washington. Tirai fuori mappe dell'area e me le studiai, cercando qualcosa di piccolo, fuori mano, circondato dalla foresta...E là, proprio dove volevo che fosse, c'era una piccolissima città chiamata “Forks”. Non sarebbe potuto essere più perfetto nemmeno se l'avessi scelto io, il nome. Feci una ricerca per immagini con Google, sull'area, e se il nome non mi aveva convinto, le meravigliose immagini avevano fatto il loro tranello. (immagini come queste della Foresta Pluviale di Hoh, a pochi chilometri da Forks. Visitate anche www.forks-web.com ). Facendo delle ricerche su Forks, scoprii la riserva di La Push, casa della tribù dei Quileute. La storia dei Quileute è affascinante, ed un gruppetto di membri immaginari della tribù divenne presto intrinseco alla mia storia.
Per tutto questo tempo, Bella ed Edward erano, letteralmente, voci nella mia testa. Semplicemente non si sarebbero zittiti. Stavo alzata fino a che riuscivo pur di riuscire a battere al computer tutte le cose che avevo in testa, e poi strisciavo, esausta, verso il letto (il mio bambino ancora non dormiva per tutta la notte) solo per avere un'altra conversazione che iniziava nella mia testa. Odiavo perdere qualcosa per essermelo dimenticato, così mi alzavo e rimettevo la testa china sulla tastiera del computer. Alla fine, misi una penna ed un taccuino accanto al letto, giusto per appuntarmi le cose, ed avere un po' di riposo. Era sempre una sfida eccitante, al mattino, cercare di decifrare quello che avevo scarabocchiato sulla pagina nel buio.
Durante il giorno, comunque non riuscivo a stare lontana dal computer. Quando ero bloccata alle lezioni di nuoto, fuori sotto ai 40° del sole di Phoenix, schematizzavo e rivedevo la trama, tornando a casa con così tanto materiale che non riuscivo a batterlo abbastanza velocemente. Era la tipica estate dell'Arizona, calda, soleggiata, calda e ancora calda, ma quando ripenso a quei tre mesi mi ricordo di pioggia e di cose verdi, come se avessi davvero trascorso quell'estate nella Foresta Pluviale di Olympia.
Quando finii il corpo della storia, cominciai con gli epiloghi. Un sacco di epiloghi. Questo mi mise davanti al fatto che, forse, non ero pronta a lasciare i miei personaggi, così cominciai a lavorare sul sequel. Contemporaneamente, continuavo a correggere Twilight in una maniera davvero ossessiva-compulsiva.
Mia sorella maggiore, Emily, era l'unica che sapeva realmente che cosa stavo facendo. In giugno, cominciai a mandarle i capitoli, mano a mano che li finivo, e presto lei diventò la mia cheerleader personale. Stava continuamente a controllare se avevo qualcosa di nuovo per lei. E' stata Emily che suggerì per prima, una volta che l'ebbi finito, che provassi a far pubblicare Twilight. Ero così stordita dal fatto di aver davvero finito un intero libro, che decisi di farlo.
La pubblicazione: per dirla gentilmente, ero totalmente ingenua riguardo al mondo della pubblicazione. Pensavo che funzionasse così: stampavi una copia della tua storia, la avvolgevi in carta marrone e la spedivi ad una casa editrice. Ah ah ah, che bella battuta! Iniziai a navigare con Google (ovviamente) e cominciai a scoprire che non era così che funzionava. (I film ci mentono! Perché?! Una piccola nota: non riuscireste più a divertirvi con la nuova versione di Steve Martin di “Una scatenata dozzina” se sapeste quanto lo scenario dell'editoria che contiene sia totalmente assurdo). L'intero meccanismo, con lettere di richiesta, agenti letterari, domande simultanee contro domande esclusive, sinossi ecc...era estremamente intimidatorio, e io quasi mi tirai indietro. Di sicuro non credevo nel mio favoloso talento che mi avrebbe fatta andare avanti; penso si trattasse del fatto che amavo i miei personaggi così tanto, loro per me erano così reali, che volevo che anche altre persone li conoscessero.
Mi iscrissi a WritersMarket.com e compilai una lista di piccoli autori che accettavano richieste spontanee e poche agenzie letterarie. E' stato in questo periodo che mia sorella minore, Heidi, mi parlò del sito web di Janet Evanovich. Nelle sue sezioni A e Q degli autori, Janet E. citava Writers House, tra poche altre, come la “cosa reale” nel mondo delle agenzie letterarie. Writers House diventò, all'interno della mia lista dei desideri, quella più desiderabile, nonché quella più probabile.
Mandai circa quindici domande (ed ho ancora delle farfalle residue che si muovono nel mio stomaco ogni volta che guido verso la cassetta delle lettere dalla quale le spedii – inviarle fu terrificante.). Devo ammettere che le mie richieste erano davvero penose, e non biasimo chiunque mi abbia mandato un rifiuto (Ne ricevetti sette o otto. E li conservo ancora tutti.). L'unico rifiuto veramente brutto fu quello di un piccolo agente che aveva letto appena il primo capitolo prima di far calare l'accetta su di me. Questo significativo rifiuto lo ricevetti dopo che la Little, Brown si era accordata con me per una serie di tre libri, per cui non mi ferì più di tanto. Ammetto che pensai di mandare una copia del rifiuto con appuntata una copia del contratto che avevo firmato al settimanale degli editori, ma poi presi un'altra strada.
La mia grande opportunità arrivò sotto forma di una assistente della Writers House, di nome Genevieve. Non scoprii, se non molto tempo dopo, quanto fui fortunata; venne fuori che Gen non sapeva che 130.000 parole sono un sacco di parole. Se avesse saputo che 130K di parole equivalgono a circa 500 pagine, probabilmente non avrebbe chiesto di vederlo. Ma non lo sapeva (immaginatevi io che mi asciugo il sudore dalla fronte), e mi chiese i primi tre capitoli. Ero emozionata di aver ricevuto una risposta positiva, ma un po' preoccupata, perché sentivo che la parte iniziale del libro non era quella più forte. Spedii quei tre capitoli, e ricevetti una lettera poche settimane dopo (riuscivo a malapena a tenerla aperta, tanto le mie mani erano deboli per la paura). Era una lettera molto carina. Ci era tornata sopra con la penna e aveva sottolineato due volte il punto in cui aveva battuto al computer quanto le erano piaciuti i primi tre capitoli (ovviamente conservo ancora la lettera), e mi chiese l'intero manoscritto. Quello fu l'esatto momento in cui realizzai che avrei davvero potuto vedere Twilight stampato, e sinceramente uno delle punte di felicità massima della mia vita. Mi misi ad urlare come una pazza.
Circa un mese dopo che ebbi inviato il manoscritto, ricevetti una chiamata da Jodie Reamer, una onesta e genuina agente letteraria, che avrebbe voluto rappresentare il mio libro. Provai duramente a passare per una professionista durante la conversazione, ma non sono sicura che riuscii ad ingannarla. Ancora una volta, la mia fortuna fu tremenda (e normalmente io non sono fortunata – non ho mai vinto niente in tutta la mia vita, e nessuno riesce mai a pescare un pesce mentre ci sono io sulla barca), perchè Jodie è l'agente-capo. Non sarei potuta capitare in mani migliori. In parte è avvocato, in parte è ninja (sta lavorando per guadagnarsi la cintura nera, non sto scherzando), un editore incredibile per suo diritto e una grande amica.
Jodie ed io lavorammo per due settimane nel dare forma a Twilight, prima di mandarlo agli editori. La prima cosa su cui lavorammo fu il titolo, che inizialmente era Forks (ed io ho ancora un piccolissimo, morbido posticino per quel nome). Poi rispolverammo qualche rozzo spot, e Jodie lo spedì a nove diverse case editrici. Questa cosa mise davvero nei pasticci la mia capacità di dormire, ma fortunatamente non rimasi in suspance per troppo tempo.
Megan Tingley, della Megan Tingley Books, della Little Brown and Company, lesse Twilight durante un volo per una corsa campestre, e tornò da Jodie il giorno dopo il Giorno del Ringraziamento con un accordo preventivo così enorme che onestamente pensai che Jodie mi stesse prendendo in giro – specialmente nella parte in cui diceva di aver rifiutato l'offerta e di aver chiesto di più. Il risultato fu che, per la fine del giorno, io stavo cercando di elaborare l'informazione che non solo il mio libro sarebbe stato pubblicato da una delle case editrici per ragazzi più grande del Paese, ma che mi avrebbero pagata per questo. Per un tempo molto lungo, ero convinta che si trattasse di un crudele scherzo, ma non potevo immaginare chi volesse arrivare a questi folli estremismi di giocare uno scherzo ad una insignificante piccola casalinga.
Ed ecco come, nel corso di sei mesi, Twilight è stato sognato, scritto ed accettato per la pubblicazione.
Le cose continuano a farsi sempre più pazze, con gli accordi per il film e tutta l'attenzione pre-pubblicazione che Twilight continua a ricevere. Anche se di tanto in tanto sono stata impaziente, sono felice di aver avuto gli ultimi due anni per adattarmi alla situazione. Non vedo l'ora di avere finalmente Twilight in vendita, e anche più che un po' spaventata. Complessivamente, è stato un lavoro di vero amore, amore per Edward e per Bella, e per tutto il resto dei miei amici immaginari, e sono emozionata del fatto che altre persone possano conoscerli, ora.
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MessaggioTitolo: Re: La storia dietro Twilight   La storia dietro Twilight Icon_minitimeSab Apr 18, 2009 7:16 pm

WOW
è...è...è...
nn so però è veramente bello. No... molto di più... ti dà... speranza...
mmmh bianco007 viky
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Oo_New_Moon_oO

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MessaggioTitolo: Re: La storia dietro Twilight   La storia dietro Twilight Icon_minitimeSab Apr 18, 2009 10:22 pm

Si è stupendo Surprised
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MessaggioTitolo: Re: La storia dietro Twilight   La storia dietro Twilight Icon_minitimeSab Apr 18, 2009 10:23 pm

mette il cuore in una ciotola piena di pace liquida... Smile
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Abby Color

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MessaggioTitolo: Re: La storia dietro Twilight   La storia dietro Twilight Icon_minitimeMar Apr 21, 2009 3:32 pm

Stupendoooooooooooo!
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